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martedì 10 dicembre 2013

Marketing politico: vendita e consumo della partecipazione


E così si è consumata, domenica scorsa 8 Dicembre 2013 giorno dell'Immacolata Concezione, l'ennesima  partecipazione popolare in occasione delle cosiddette primarie per l'elezione del segretario del partito denominato democratico. Vittorioso, quale espressione di sintesi della volontà finale che, questa volta, è riuscita a coniugare tradizione e nuovismo, è stato Matteo Renzi, già sindaco di Firenze ed precedentemente Presidente di Provincia della stessa. 38 anni.
I rivali al ruolo e alla funzione, (che  ha nel frattempo consumato ed esaurito politicamente in pochissimi anni robusti uomini politici come, si ricordino le segreterie, Veltroni e Franceschini,  Bersani) erano un tale di nome Cuperlo, espressione della tradizione politica e partitica di formazione del PD o se preferite un quadro di partito, e un coetaneo del vincitore, appena eletto in parlamento dopo essere stato consigliere regionale di opposizione nella Regione Lombardia, tale Giuseppe detto Pippo Civati, il quale fattosi crescere nel frattempo un pelino di barba intendeva impersonare l'anima più verace e movimentista corrispondente alla natura di sinistra che, secondo taluni, dovrebbe essere costitutiva del PD.
In verità i contendenti erano quattro, dato che un nome come Gianni Pittella (deputato europeo e vice-presidente del Parlamento Europeo) ha partecipato molto al margine della contesa, in vista di future e meglio calibrate consumazioni politiche.



 Sull'uso della partecipazione politica da spettatori - attori del processo decisionale si è scritto in questo post. I talk show televisivi funzionano come surrogati dell'attiva partecipazione politica da parte dei cittadini, che restando comodamente seduti sui soffici divani possono continuare a contendere a parole le ragioni della decisione, e il relativo posizionamento partigiano in favore di taluni così come rabbioso ed aggressivo nei confronti di tal'altri, assumendo queste ragioni e queste posizioni a seconda della veicolazione mediatica che ne viene

operata.

Le primarie, e la partecipazione al processo decisionale per la scelta del segretario politico di un partito, funzionano sempre con lo stesso schema: esaurire la partecipazione relegando essa alla sola azione dell'apposizione di una X su un nome prestampato.

Diversa era la situazione solo pochi anni addietro. Nella foto accanto è possibile leggere quanto scritto su una tessera di partito del fu PCI. Come noterete, 40 anni fa la partecipazione richiesta non solo doveva essere corrispondente ai valori e alle linee politiche del partito e che erano molto chiare, ma domandava anche una presenza fisica ed attiva nei dibattiti e nel processo organizzativo dello stesso, oltre che prevedere regole di condotta sociale fra i membri del partito e l'esercizio critico ed autocritico delle azioni del partito e proprie.

Certo, tutte queste disposizioni alla partecipazione attiva erano calmierate dal  precetto del rispetto della disciplina di partito, ma è normale che in qualsiasi organizzazione il principio regolatore primo è quello della sopravvivenza identitaria. Anche noi, ognuno con la propria personalità, non fa altro, nei limiti di quanto la personale disposizione al cambiamento consente, che riprodurre la coerenza identitaria che si è determinata nelle circostanze di vita propria.

Ma altro avviene adesso nel panorama politico contemporaneo. Non c'è più alcun ricorso a prassi che una volta seppur ideologicamente prefigurate costituivano la piattaforma della costruzione del senso politico non solo di appartenenza ma dello stesso progetto politico e della sua realizzazione. Oggi si assiste alla recitazione più o meno fedele, da parte di personaggi che ne possono rappresentare il ruolo e la figura, del prodotto politico da offrire secondo quanto emerge in parte attraverso le indagini sulle aspettative delle genti, ed in parte secondo quanto è possibile indurre attraverso la costruzione sociale del senso e luogo comune.

I tre di cui sopra incarnano, anche fisicamente, l'organizzato risultato del processo di segmentazione della domanda elettorale. I tre di cui sopra sono la sintesi di tre differenti "offerte" politiche, come oggi viene chiamato dai più ciò che una volta era se non il sogno almeno il progetto di società da realizzare.

Il modernismo di Renzi è leggibile  nel suo abbigliamento elegante ma nello stesso momento "friendly" con regressioni giovaniliste, dalla giacca permanentemente sbottonata (come oggi si usa indossare ad onor di verità contro ogni bon ton e galateo), dalla prosaica facile e logorroica, dall'uso eccessivo della battuta invece che del ragionamento, dall'aggressività mascherata dall'atteggiamento difensivistico ("mi lasci parlare"). Così come Cuperlo, pur nel tentativo di apparire contemporaneo, insiste nella rappresentazione della continuità rispetto alla discontinuità che invece vorrebbe segnare Renzi. Più articolata è la rappresentazione che Civati ha tradotto per il suo messaggio politico, lasciandosi crescere un peletto di barba per segnare la sua non piena corrispondenza con gli altri due concorrenti che rappresenterebbero comunque un partito che poco si richiamerebbe ala sinistra caratterizzata dal movimentismo e dalla trasgressione alle sistematicità politiche egemoniche.

Insomma, i nostri tre più che essere sintesi di identificabili progetti politici risultano soltanto essere piuttosto esclusivamente il risultato di un processo di selezione derivante da un'indagine di marketing alla quale appaiono corrispondere.
Assodata e consolidatasi la pratica estemporanea della partecipazione diretta, attraverso la prassi espropriante della partecipazione politica come lo sono le primarie, ai partiti non resta che offrire un "agnello politico" da sacrificare sul piatto elettorale affinchè possa continuare a dissimulare la piattaforma reale degli interessi che, come realmente è senza scandalo alcuno che solo i bacchettoni provano, sono in gioco in ogni organizzazione politica.
La questione è se, però, l'uso massiccio del marketing è una tecnica  funzionale più che ad un interesse in qualche modo collettivo e non invece a interessi ristretti. Certo, prima la tecnica utilizzata era quella della propaganda, che avveniva attraverso i mezzi di comunicazione di massa. E, questa, incarnata efficacemente per esempio da Berlusconi, ha dato i suoi risultati (brillanti per pochi cortigiani, deleteri per i molti cittadini). Il PD, non possedendo televisioni, ha cominciato a rappresentare prima una natura conflittuale interna dissimulata, rappresentandola all'opinione pubblica come vitalità del dibattito seppur questo scevro da ogni sostanziale contenuto politico e progettuale, e fino a praticare sempre più massicciamente l'utilizzo delle primarie per scegliere un singolo uomo anzichè un progetto politico collettivo. Ed infatti, l'utilizzo delle tecniche del marketing tradisce la "vendita" di un prodotto politico più che di un progetto, ed il cui ciclo di vita appare sempre più breve, incarnato di volta in volta da una persona diversa e puntuale allo scopo, ed ai cittadini-consumatori (locuzione coniata da Bersani nel suo ultimo incarico di ministro) non resta che consumare l'estemporaneità della proposta-offerta politica rendendosi protagonisti di una scelta che non hanno affatto determinato attraverso la loro prassi e l'esercizio politico, ma solo scelto nella piattaforma prefigurata che l'organizzazione politica moderna è capace di sintetizzare. Così, ogni responsabilità, da parte del decisore politico, diviene completamente declinata, attraverso la manipolazione delle tecniche del marketing, nei confronti del cittadino-consumatore elettore, il quale si autorappresenta come potente e centrale al processo decisionale, in apparenza. Di fatto, ne viene completamente espulso attraverso lo svuotamento del suo attivo agire politico.



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